Storia del restitutore Stereosimplex, anatomia e antropologia di un'invenzione italiana
L'invenzione...
Lo Stereosimplex è uno strumento di precisione deputato alla restituzione di aerefotogrammi stereometrici in modalità analogica; si tratta dell'ultimo modello di stereocartografo ideato e progettato dall'ingegnere italiano Ermenegildo Santoni per conto dell'Istituto Geografico Militare italiano. In forza ai reparti di ricognizione militare (prima) e civile (dopo), lo Stereosimplex consente, in breve, la restituzione di fotogrammi terrestri ed aerei a scale a grande denominatore (da 25.000 a 100.000) offrendo facilità di trasporto e precisione del rilievo su carta, grazie ad un sofisticato paio di oculari per la visione stereoscopica.
La storia dell'invenzione...
Santoni combatté tra le fila dei genieri del Regio Esercito durante la Prima Guerra Mondiale, ma terminò il suo incarico a bordo dei velivoli dell'Aeronautica con il ruolo di tenente osservatore. L'attività svolta dal Santoni nel corso della guerra consisteva nella ripresa del territorio attraverso scatti fotogrammetrici (fotogrammi stereometrici, dotati, però, di opportune marche di riferimento per la restituzione di dati metrici a partire da ciascuna coppia stereometrica del soggetto in analisi) per il futuro rilievo (tratteggio su carta di un modello in scala).
Il sodalizio tra il Santoni e l'Istituto Geografico Militare, in forza allo sviluppo di nuove tecnologie per la Regia Marina e alla Regia Aeronautica, rese possibile la creazione dei primi esemplari di stereocartografi (1925-1926) fino al più evoluto Stereosimplex (1934): l'ultimo modello, progettato dal Santoni, lo Stereosimplex mod III, garantisce portabilità e dimensioni contenute (grazie ad uno scheletro interamente in alluminio) facilità d'utilizzo e rapidità di messa in opera del disegno al pantografo, grazie ad un complesso sistema di guidoviee e bacchette cilindriche per il controllo delle marche di riferimento sui fotogrammi stereometrici.
La produzione industriale dei primi esamplari ha inizio nel 1934, nelle Officine Galileo
(già impegnate nella realizzazione di altri progetti del Santoni),
grazie ai finanziamenti ricevuti dal regime fascista e alla crescente
domanda di utilizzo in campo strategico sul territorio africano, in
piena espansione coloniale. La produzione
continuò anche dopo la morte del Santoni, grazie a due versioni ottimizzate dello strumento (Stereosimplex G6 e G7), per applicazioni civili e didattiche negli istituti di formazione professionale in geodesia e cartografia.
Anatomia di un'invenzione...
Il principio fisico alla base del funzionamento di un qualsiasi Stereosimplex è la visione stereoscopica, naturalmente generata dai lobi del cervello umano ma artificialmente riproducibile attraverso un complesso sistemi di lenti e specchi, contenuti all'interno delle bacchette del gruppo ottico dello strumento (quest'ultimo, infatti, è l'elemento di maggiore interesse nell'economia di un qualsiasi stereocartografo): la primissima versione di stereocartografo (1925-1926) si affida ad un sistema di specchi rozzo e impreciso per la restituzione stereoscopica mentre i brevetti successivi, di dominio non più squisamente italiano, con lo scotto di gruppi ottici di volume e complessità strutturale maggiore, assicurano precisione e affidabilità, rendendo possibile la restituzione a grande denominatore di scala di fotogrammi in presa stereometrica di 230 mm x 230 mm.
Antropologia di un'invenzione...
L'operato del Santoni, unico nel suo genere, spesso obnubilato dietro gesta epocali dello stesso periodo storico (quello tra le due guerre), ha contributo però in modo significativo al progresso delle tecniche di rilievo del territorio in campo aeronautico e all'ammodernamento delle tecniche cartografiche. Lo Stereosimplex, infatti, è un autentico testimone del progresso tecnologico e della scienza applicata della prima metà del Novecento, e che come spesso accade, ha attraversato la storia completamente in sordina, raccontato solo in polverosi manuali ed enciclopedie allo scopo di documentare esperti del settore e costruttori, tralasciando la fetta più consistente della conoscibilità umana: la collettività tutta, quasi del tutto incosapevole dell'eredità lasciata dal Santoni, a partire dal vocabolorario, alla riproducibilità marginale in rappresentazioni cinematografiche, iconografie su francobolli, manifesti pubblicitari, illustrazioni in vignetta del panorama dell'aerefotogrammetria e della restituzione aerofotogrammetrica.
In parallelo, il sodalizio tra il Santoni e le Officine Galileo ha però partorito la simbiosi tra "produttore e inventore": lo strumento non è semplicemente "Santoni-Stereosimplex" bensì "Galileo-Santoni Stereosimplex" in modo riconoscibile in tutto il mondo, affidando sia all'ideatore quanto al produttore (l'industria di Calci) la paternità dell'invenzione, ritagliando nello spazio e nel tempo un esempio di associazione di idee, se pur concettuale, robusta e infrangibile di dominio pubblico (come per Clarks e Ugg e il loro modello di scarpe più celebre, Bernard Montgomery e il celebre cappotto con i tradizionali alamari, eccetera): "lo Stereosimplex resterà per sempre quel marchingegno in alluminio che reca una G maiuscola di Officine Galileo".
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